I consigli di lettura della settimana:
One big union di Valerio Evangelisti
Il grande libro dei dolci di Giuliana Lomazzi
Alveare di Giuseppe Catozzella
Gli anni dello Sputnik di Baru
Jazz, foto di Gruppo di Arrigo Arrigoni
La zampa dell’ombrello di Alice Umana e Agostino Iacurci
Valerio Evangelisti “One big union”
Valerio Evangelisti ambienta il suo ultimo romanzo negli Stati Uniti, a cavallo tra l’ottocento e il novecento, quando One Big Union significava una nuova concezione di sindacalismo, un fronte comune per opporsi al potere delle industrie, sempre più grandi ed organizzate.
Robert W. Coates è un meccanico che lavora in una di queste industrie.
E’ un giovane cittadino modello, è di buon carattere, religioso e molto affezionato alla famiglia. Il lato negativo è che coltiva un patriottismo che sconfina nel nazionalismo, oltre ad avere alcuni pregiudizi razziali.
E sono proprio questi motivi che lo spingono a lavorare, per conto di agenzie specializzate, come infiltrato nei sindacati e nel movimento operaio.
Il suo incarico consiste nel dissuadere gli operai a partecipare agli scioperi, inibire la loro capacità di associazionismo e riportare i lavoratori alla disciplina e alla produttività. Attraverso gli occhi del protagonista, Valerio Evangelisti racconta gli albori del sindacalismo americano, con i suoi momenti tragici e gli eventi accaduti nell’arco di un cinquantennio.
Si parla dei grandi scioperi dei ferrovieri fino agli Wobblies, degli innoovativi strumenti di comunicazione per unificare gli operai ed estendere la protesta, quali volantini multilingue, le canzoni e i fumetti.
Valerio Evangelisti, con One Big Union, rivela i meccanismi subdoli che hanno segnato la storia dello spionaggio sindacale negli Stati Uniti.
Giuliana Lomazzi “Il grande libro dei dolci”
Il lettore goloso ha finalmente il suo libro dei dolci. Oltre quattrocento ricette con tante varianti. Le preparazioni base, i trucchi del pasticcere. Le preparazioni regionali e i dolci internazionali per antonomasia. I classici, i dolci che sanno di storia, quelli con tanto di pedigree e quelli di umili origini e fulgida carriera. Dolci semplici o complessi, finti semplici e d’effetto, per tutti i momenti della giornata, dalla colazione al dopocena; dolci da scoprire e, perché no, da inventare, partendo da basi classiche e aggiungendo vena creativa e arte combinatoria.
Nella trama di questo imponente e nello stesso tempo maneggevole testo di riferimento, Giuliana Lomazzi ha intessuto con mano leggera storie, aneddoti, curiosità: dalle sue pagine fanno capolino i grandi inventori, arcinoti come Escoffier ed encomiabili come Giobatta Cabona, l’inventore del pan di Spagna; gli illustri pasticceri delle Corti ma anche le religiose che, nei conventi d’Europa, inventavano celestiali prelibatezze. Tra una ricetta e l’altra s’intravedono panorami da tutto il mondo e istantanee di tavole imbandite in giorni di festa che non sarebbero tali senza i loro dolci, carichi di simboli e sinonimo di bontà.
Giuliana Lomazzi, è scrittrice e giornalista specializzata in alimentazione e gastronomia (secondo lei da abbinare felicemente). Ha pubblicato, tra gli altri, Cereali da mangiare e da bere, La cucina mediterranea moderna, Ricette vegetariane per i bambini, Ricette vegetariane dal mondo (Red). Collabora con l’associazione Cibo è salute, impegnata nella divulgazione del Metodo Kousmine in Italia.
Giuseppe Catozzella “Alveare”
La ’ndrangheta ha contagiato il Nord. Il suo impero invisibile ha preso il controllo di un sistema economico che si riteneva immune. O che diceva di esserlo. Quello raccontato da Giuseppe Catozzella non è un potere di sole stanze dei bottoni, ma una macchina brutale e intelligente che batte le strade, si impossessa dei bar di periferia e dei locali alla moda, usa le aziende pulite per riciclare denaro sporco e i cantieri edili per riempire il sottosuolo di veleni, gestisce l’enorme traffico della cocaina. Si insinua nella vita sociale di un intero Paese e si nutre delle sue debolezze. Il protagonista di questo libro la ’ndrangheta del Nord l’ha vissuta in prima persona e ne porterà per sempre i segni addosso. Ha conosciuto l’alveare e le sue vittime. Ha seguito Pasquale, che era amico di suo padre, nel percorso criminale di affiliazione a un clan; è stato il compagno di banco di Vincenzo, che comandava la scuola perché appartenente alla cosca che aveva in mano il quartiere; ha amato l’anziana zia Severina, che per anni non è uscita dal suo bilocale per difenderlo dalle famiglie che rivendono le case popolari; ha conosciuto il lavoro clandestino dentro gli sconfinati gironi dell’Ortomercato di Milano. Alveare è una lotta corpo a corpo tra realtà e verità: un’inchiesta che nasce dalla vita vissuta e un romanzo che inquieta perché non inventa nulla.
GIUSEPPE CATOZZELLA è nato nel 1976 a Milano. Nel 2008 ha pubblicato Espianti (Transeuropa). Collabora con “L’espresso” ed è tra i curatori del portale Milanomafi a. Nel 2010 ha vinto il premio Gavinelli, assegnato dall’Ordine dei Giornalisti.
Baru “Gli anni dello sputnik
Francia, fine anni ’50. Una cittadina piena di immigrati italiani, marocchini, polacchi, ucraini. Due bande di ragazzini si sfidano a colpi di fionde e partite di calcio, mentre dal mondo adulto arrivano gli echi di altri conflitti: la Guerra Fredda, i preti contro i comunisti, l’Algeria, le lotte operaie. L’Amarcord di Baru: un grande romanzo di formazione, affresco agrodolce di un passato che ci parla del nostro presente.
Sainte-Claire, Francia, seconda metà degli anni ’50. Due bande di ragazzini si sfidano in accese partite di calcio e si contendono il controllo del confine tra l’area dei “testa di cane” e quella dei “testa di lardo”, terreno di gioco preferito da tutti i bambini della zona. Il delegato locale del Partito comunista organizza una festa in occasione del lancio dello Sputnik sovietico, e i ragazzi decidono di costruire anche loro un razzo capace di volare… Ma contrasti molto più seri prendono lentamente piede sullo sfondo dei bisticci tra le gang, accesi sì, ma privi di odio. La tensione del conflitto coloniale algerino si percepisce nell’aria, e intanto scoppia una protesta operaia e vengono occupati i locali della fabbrica vicina al quartiere. E anche i ragazzini capiscono cosa vogliono dire parole come “ingiustizia” e “lotta di classe”. Con la cronaca di un’epoca, di un milieu, di un universo, Baru racconta una stagione passata, l’era della Guerra fredda in cui i sovietici mandarono lo Sputnik nello spazio, paragonando implicitamente quella periferia francese e i conflitti sociali dell’epoca alla stagione presente delle banlieues. Attraverso i riti, le emozioni e l’immaginario dell’infanzia, il maestro del fumetto francese realizza un commovente romanzo di formazione: questo volume raccoglie l’intera saga, in origine divisa in quattro parti. Due le chiavi di lettura di questo graphic novel. Da un lato un’opera sulla scia di romanzi classici per adolescenti come I ragazzi della via Pal e La guerra dei bottoni, in cui i giovanissimi protagonisti prendono coscienza, pagina dopo pagina, della realtà difficile del mondo. Dall’altro una riflessione sulle diseguaglianze sociali, sugli ideali e sulla loro corruzione, in una storia narrata con l’umorismo e l’ironia amara tipici di Baru.
Baru (Hervé Baruléa) nasce nel 1947 in Francia, da padre emigrante italiano e da madre bretone. Arrivato tardi ai fumetti, nel 1975, ma dotato di forte talento narrativo e segno potente, già con la sua opera prima, Quéquette blues (1984), Baru riceve l’Alph’art, prestigioso premio del Festival di Angoulême, mentre con la produzione successiva raccoglie una serie di riconoscimenti ufficiali che ne consolidano la fama di grande narratore, fra cui il premio come miglior autore straniero nell’edizione del 2002 di Lucca Comics, a conferma della fortuna anche italiana dell’autore de L’Autoroute du Soleil. Dopo questo tour-de-force grafico-narrativo, pubblica Sur la route encore (1997), Bonne Année (1998), i quattro volumi de Gli anni dello Sputnik. Coconino Press ha già pubblicato, di questo autore, Autoroute du soleil, L’arrabbiato, Noir, Povere nullità, Verso l’America (sceneggiato da Jean-Marc Thévenet), Pompa i bassi, Bruno! e il volume unico de Gli anni dello Sputnik.
Arrigo Arrigoni “Jazz, foto di gruppo”
Questo libro non è una storia del jazz. Non segue il canone delle storie del jazz, non segue la cronologia delle storie del jazz. Questo libro è un lungo viaggio sui sentieri labirintici del jazz, un viaggio forsennato che parte da una foto di gruppo: la famosa A great day in Harlem di Art Kane.
In una foto non c’è un inizio e una fine. Quando si guarda una foto si può partire da dove si vuole. Si può saltare da sinistra a destra, da un viso all’altro, dal primo piano allo sfondo. Così è questo libro. È un viaggio senza tragitti predefiniti, all’avventura, un viaggio di un gruppo di amici spensierati che la scelta di dove svoltare la fanno con i dadi. Piantagioni di schiavi neri, Harlem Renaissance, «I have a dream». La povertà, la depressione, l’umiliazione. Il pregiudizio, la discriminazione, lo sfruttamento. La violenza, la droga, l’alcol. La solitudine. New Orleans, Kansas City, Chicago, New York, la California. Miles Davis, Charlie Parker, Duke Ellington. Buddy Bolden, Thelonious Monk, Charles Mingus. E un cadavere, con una barba albina, che viene ripescato il 25 novembre 1970, nelle acque gelide dell’East River. Si chiama Albert Ayler, professione jazzista. Misteriosa la sua morte, come la sua musica.
Alice Umana, Agostino Iacurci “La zampa dell’ombrello”
Ombrelli. La disputa sulla loro origine è antica. Parasole o parapioggia? Fuorviati da questo falso dilemma, per secoli non ci si accorse che non sono che una sottospecie dei pipistrelli, dai quali si differenziano solo per quell’unica zampa che, con il solito antropocentrismo, gli umani hanno chiamato manico. Un tempo liberi di andare per il mondo, non avevano il verso stridulo dei pipistrelli ma quello melodioso delle allodole. Anche se, allora come oggi, non mancavano le stecche… Cantavano tutt’insieme, cori allegri e gioiosi, fino a quando gli uomini della stirpe Moghnai non decisero di sfruttarne il canto. Gli ombrelli si ribellarono, ma furono vinti e messi in catene. Quel laccio, piccolo ma resistente, che ancor oggi impedisce loro di spiegare liberamente le ali e ne fa degli schiavi al servizio degli uomini. Sono passati secoli da allora, ma nessuno ha più sentito un ombrello cantare. Dai 6 anni in su.
Alice Umana è nata nel 1978 a Cuneo. Presto curiosa di ciò che nasconde la Bisalta alla vista, gironzola alla volta di enigmi e cartoline sconosciute. Affascinata dalla vita di strada, sperimenta per alcuni anni la libertà del non possedere altro che se stessa. Durante questo viaggio incontra, nei posti più disparati, alcune meraviglie: Foggia, ad esempio, le regala Agostino, che la fa innamorare inventando per lei una perfetta cucina di campagna disegnata su un muro. Oggi vive in una casa occupata, una chiesa sconsacrata tutta azzurra e d’oro. Quando proprio non può farne a meno, tiene scoppiettanti laboratori per le scuole con l’associazione Millepiedi. Alice ha scritto tre spettacoli (Il mistero di Fango Fungoso, Cecilia Squillafiabe, Strega Testaguasta) che ha poi messo in scena con la Compagnia delle Figlie di Buone Idee, sia per strada che all’interno di ‘normali’ teatri. Nel catalogo di orecchio acerbo “La zampa dell’ombrello” illustrato da Agostino Iacurci (2011).